CLAN DEI CASALESI, E' L'ANTISTATO NELLO STATO. HANNO APERTO PERSINO BANCHE PER FARE PRESTITI AI PICCIOTTI. LE ACCUSE DEL PROCURATORE CAFIERO DE RAHO


Il clan dei Casalesi non è "una organizzazione camorristica, una banda criminale, che si muove secondo i modelli tradizionali come le estorsioni e il traffico di stupefacenti, ma è qualcosa di più". Il clan infatti "si infiltra nel territorio attraverso un'apparenza quasi legale: vi è un livello imprenditoriale che riesce a controllare anche una fetta importante delle opere pubbliche". Un aspetto, quest'ultimo, più pericoloso di quello "militare". Lo dice il procuratore aggiunto di Napoli Federico Cafiero de Raho, durante un dibattito a Napoli sul libro "Questa Corte condanna" di Marcello Anselmo e Maurizio Braucci dedicato a Spartacus, il processo contro il clan dei Casalesi nei cui confronti nei giorni scorsi sono stati confermati gli ergastoli inflitti a 16 esponenti di primo piano. Al dibattito - organizzato dalla casa editrice "L'ancora del Mediterraneo" e dalle associazioni "Citta' invisibile" e "Oltre il chiostro" - hanno partecipato, tra gli altri, il giudice Raffaello Magi, estensore della sentenza di primo grado e la giornalista de "Il Mattino Rosaria Capacchione, che vive sotto scorta dopo le minacce subite dal clan. Cafiero, che ha condotto le indagini e ha svolto il ruolo di pm al processo Spartacus di primo grado, ha sottolineato sia l'aspetto "militare" della cosca, responsabile di una lunga serie di omicidi per "affermare il proprio potere", sia l'aspetto economico, che è quello a suo avviso più importante e pericoloso. Ci sono imprese del clan che "riescono a infiltrarsi negli appalti pubblici, che esercitano il controllo assoluto della distribuzione del calcestruzzo, che sono state coinvolte importanti opere pubbliche come i lavori per l'Alta Velocità". Il magistrato ha ricordato come dalle indagini di Spartacus siano emerse "le infiltrazioni del clan nella pubblica amministrazione e il condizionamento esercitato sulle elezioni". Ed ha citato il caso di una banca locale completamente nelle mani del clan che "aveva aperto fidi a tutti i camorristi senza alcuna garanzia". "La difficoltà delle indagini è stata enorme", ha detto Cafiero che ha sottolineato il clima di omertà che ha circondato le azioni della cosca, come l'omicidio del parroco di Casal di Principe don Giuseppe Diana. "Quel giorno in chiesa non c'era nessuno", ha ricordato il magistrato che si recò sul posto poco dopo il delitto.

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