DISASTRO RIFIUTI, 75 PM DI NAPOLI DICONO NO ALLA SUPERPROCURA REGIONALE PER REATI AMBIENTALI. ANCHE BERTOLASO NEI GUAI


A Napoli i magistrati della procura hanno siglato un documento per chiedere al Csm , organo di autogoverno dei giudici, di rigettare il progetto dell'esecutivo Berlusconi di istituire una superprocura regionale che si occupi di reati legati all'ambiente. Hanno firmato 75 dei 107 magistrati in servizio, tra questi anche Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, i titolari delle inchieste più dirompenti in materia di rifiuti e sperpero di risorse pubbliche in questo delicato settore. Una protesta garbata, civile, nessuna contrapposizione frontale ma un'articolta contestazione all'accentramento nelle mani del solo capo degli uffici giudiziari di Napoli delle inchieste sui rifiuti. A proposito di inchiesta, cominciano gli interrogatori dei 25 indagati dell'operazione "rompiballe".
È un copione già visto il trucco delle ecoballe, l’affare milionario dei rifiuti e la truffa della monnezza napoletana che ha portato agli arresti domiciliari 25 persone (tra questi Marta Di Gennaro, la collaboratrice più stretta di Guido Bertolaso) e all’emissione di un avviso di garanzia per il prefetto di Napoli Alessandro Pansa, accusato di concorso in falso ideologico in atti pubblici. L’appalto del ciclo dei rifiuti continua ad essere gestito in regime di proroga (sono passati tre anni circa dalla rescissione del contratto) dalla Impregilo (ieri altra seduta negativa in Borsa). A controllare che tutto funzioni, che l’appalto venga rispettato e che la Campania esca fuori dal disastro sono ancora i tecnici e gli esperti del famoso (o se volete, famigerato) Commissariato di Governo che da 15 anni si occupa dell’emergenza con i risultati che sono sotto gli occhi tutti. Insomma il Commissariato è il controllore, Impregilo sono i controllati. Dalle intercettazioni telefoniche, però, quello che emerge, spiega Rosanna Saraceno, il giudice delle indagini preliminari che ha firmato le richieste di arresto dei pubblici ministeri Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello, è che spesso c’è una confusione di ruoli. Ogniqualvolta, ad esempio, i carabinieri del Noe sono andati ad effettuare verifiche negli impianti per il trattamento dei rifiuti gestiti da aziende del Gruppo Impregilo, scattava una sorta di catena di coperture per evitare che fossero scoperte vere o presunte irregolarità. Al di là della singolare ma significativa espressione utilizzata da Ernesto Picarone (funzionario Impregilo ai domiciliari), che in una conversazione intercettata dice al suo interlocutore “siamo la lunga mano del Commissariato di Governo…siamo gli operai e questo è un affare…” ciò che emerge da molte conversazioni, spiega il gip Saraceno, “è un ennesimo dato di conferma del comune uso, del tutto disinvolto, dei codici identificativi dei rifiuti e della casuale destinazione”. In pratica negli impianti di trattamento della spazzatura l’afflusso di rifiuti anche pericolosi era quasi prassi. Così come in alcune discariche “la principale modalità di realizzazione del traffico illecito di rifiuti” scrivono i pm “è stata individuata nel conferimento pressoché esclusivo, di ingenti quantitativi di frazione organica non sottoposta ad alcun trattamento”. Il problema è che chi avrebbe dovuto controllare, spesso copriva le magagne dei controllati. Un po’ quello che accadeva in un’altra inchiesta, la madre di tutte le inchieste sulla truffa dei rifiuti in Campanai, che ha portato alla sbarra quelli che erano i vertici di Impregilo nel 2006 (i fratelli Paolo e Piergiorgio Romiti) e il governatore della Regione Campania Antonio Bassolino. Anche in questo caso sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati napoletani ci sono i vertici del Commissariato. Tra questi anche Guido Bertolaso, che a Napoli ha già avuto responsabilità nella gestione della struttura fino a quando non si dimise (nel luglio del 2007) a seguito di pesanti contrasti con l’allora ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Quest’ultima inchiesta, però, è stata mal digerita da Bertolaso. A chi l’ha visto è parso un uomo stanco, esausto, demoralizzato e molto scocciato per l’intervento della magistratura. Non tanto per la sostanza, ma per la forma, per i tempi. È furibondo per le intercettazioni telefoniche che lo ritraggono in atteggiamenti spesso poco eleganti, per l’uso di un linguaggio non sempre confacente al tono del civil servant che tutti conoscono. Il sottosegretario con delega ai rifiuti del governo Berlusconi, con una missione impossibile da compiere (ripulire la Campania, restituirle decoro e un ciclo virtuoso dei rifiuti), teme che l’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari la sua più stretta e fidata collaboratrice, Marta Di Gennaro, in qualche modo possa coinvolgerlo. Per ora lo è, ma solo dal punto di vista emotivo. I carabinieri l’hanno interrogato il 20 maggio del 2007 in merito alla gestione del Commissariato, l’hanno ascoltato ancora per capire fino a che punto gli errori, i presunti abusi e illeciti commessi dai suoi collaboratori erano da lui conosciuti e dunque condivisi. Per ora, Bertolaso, che pure sembrava fosse tentato dall’addio, resta al suo posto. Ha la fiducia del premier Silvio Berlusconi. Anzi, oggi alle 14 e 30, assieme al ministro Stefania Prestigiacomo, sarà in Aula in Commissione Ambiente alla Camera per l’avvio dell’esame del Decreto legge sull’emergenza rifiuti in Campania. Un impegno parlamentare importante che cade nel giorno in cui a Napoli cominciano gli interrogatori degli arrestati dell’inchiesta sui rifiuti. Sconcerta molto un capitolo di questa inchiesta, quello che coinvolge l’Arma dei Carabinieri, che nella lotta alle ecomafie in Campania ha schierato il colonnello Sergio De Caprio, il famoso capitan Ultimo che mise le manette ai polsi a Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra. Ebbene, in più di un’intercettazione emerge il tentativo di condizionare il lavoro degli investigatori del Nucleo Operativo Ecologico, e tra questi De Caprio, la linea di comando (compreso il comandante generale Pinotti) per evitare che fossero accertate le responsabilità degli indagati.

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