IL RACKET DEL PANE NUOVO BUSINESS DELLA CAMORRA


“Colonnello, la camorra siamo noi. Tutti i giorni finanziamo i clan. Appena nati diamo da bere ai nostri figli il latte comprato dai camorristi che gestiscono la rete di distribuzione. Crescendo, mangiamo pane e pasta prodotti, distribuiti e venduti dai clan. La tazzina di caffè che sorseggiamo al bar ce la vende la camorra. E persino quando moriamo ci rivolgiamo ai becchini della mala che ci vendono le bare e ci offrono un bel funerale”. È cominciato così, con questa visione forse un po’ catastrofica di una camorra che accompagnerebbe i napoletani dalla culla alla tomba, il primo colloquio investigativo di Davide Imberbe - imprenditore 35enne, titolare di una catena di supermercati che fattura oltre 20milioni di euro annui e che dà lavoro ad un centinaio di persone - con un ufficiale dei carabinieri di Napoli. Imberbe, sotto scorta perché minacciato di morte, non ha mai voluto accettare il “consiglio” di acquistare il pane da aziende gestite dalla camorra, e perdipiù lo vende nei suoi supermercati ad un euro al chilo, in una città dove il prezzo al consumo oscilla tra i 2 e i 3 euro. “Guadagno anche 50 centesimi ogni pezzo di pane, e me lo posso permettere perché non pago la camorra” s’infervora Imberbe, che agli inquirenti ha spiegato come i costi assurdi del pane vengono imposti dai padrini di un cartello criminale che monopolizzano il mercato direttamente facendo produrre pane a panificatori loro affiliati, indirettamente acquistandolo dai panifici abusivi ad un prezzo bassissimo oppure obbligando i panificatori in regola a venderglielo sotto costo per poi distribuirlo a prezzi maggiorati. Imberbe ha fornito agli inquirenti i nomi dei camorristi che gestiscono il mercato del pane, ha indicato i luoghi dove producono centinaia di quintali di pane sfruttando manodopera di clandestini, ha svelato i metodi di intimidazione mafiosa usati per indurre i proprietari di negozi ad acquistare pane solo dall’organizzazione criminale ed ha spiegato come quei commercianti ambulanti domenicali che vendono pane per strada, nei cofani delle auto, altro non sono che disperati a cui la camorra dà un lavoro captandone dunque il consenso. Insomma, il prezzo del pane che arriva sulle tavole dei consumatori non sarebbe determinato da leggi di mercato ma dalla volontà dei padrini della camorra che controllerebbero la produzione di parte dei 1200 panifici legali presenti a Napoli e in provincia, e direttamente metterebbero sul mercato le centinaia di quintali di pane lavorato negli altri 2200 panifici illegali censiti, di proprietà di personaggi in odore di camorra o comunque di soggetti sconosciuti al fisco. Altri due imprenditori del settore avrebbero deciso di seguire l’esempio di Imberbe e di dare una mano alla giustizia denunciando soprusi subiti e proposte di entrare in affari con i camorristi non accettate. Una prima conferma alle dichiarazioni dell’imprenditore che collabora con la giustizia viene già dalla Provincia di Napoli. L’assessore all’agricoltura, Francesco Emilio Borrelli, e il segretario della Commissione bicamerale Antimafia Tommaso Pellegrino, entrambi Verdi, hanno consegnato al comandante provinciale dei carabinieri di Napoli, il colonnello Gaetano Maruccia, una dettagliata denuncia sull’esistenza di circa mille forni illegali nel Napoletano dove si produce pane. Le segnalazioni - anonime - sono arrivate al numero verde 800343435 istituito dalla Provincia per segnalare qualunque forma di illegalità. Ebbene dopo i primi controlli avviati nel mese di ottobre e ad inizio novembre, i carabinieri hanno chiuso più di 300 panifici perché privi di qualunque autorizzazione.
“Il business illegale del pane – spiega l’assessore Borrelli – porta nelle casse delle organizzazioni criminali più o meno mezzo miliardo di euro annui solo a Napoli. In pratica, come testimoniano studi di settore che abbiamo fatto, parliamo di un affare che è secondo solo al traffico di droga”.
I panificatori onesti, quelli che subiscono imposizioni mafiose piuttosto che le leggi di mercato, hanno deciso una protesta choc: il 18 o 25 novembre regaleranno il pane proprio nel giorno in cui la camorra fa maggiori affari vendendolo per strada. I panificatori legati ai camorristi, invece, spiegano gli inquirenti che ne monitorano i comportamenti illegali, stanno preparando una clamorosa protesta contro la dura repressione dei carabinieri: uno sciopero con corteo a Napoli. Come fecero i contrabbandieri nel febbraio del ‘94 per contestare contro le nuove norme più dure contro il contrabbando.
Altra conferma del controllo criminale del mercato del pane, viene sempre da una denuncia inviata dalla Provincia e da alcune associazioni dei consumatori all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato circa l’aumento anomalo ed ingiustificato dei prezzi di generi alimentari di prima necessità segnalati dai cittadini. Delle tremila segnalazioni, circa il 90 per cento, sono relative ad aumenti improvvisi ed ingiustificati del prezzo del pane nel mese di ottobre. E’ il segnale che dopo la chiusura dei forni abusivi, i clan hanno alzato i prezzi al consumano del pane.

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