SCAMPIA, LO STATO HA CREATO UN GHETTO, L'HA NASCOSTO DIETRO UN MURO E HA DIMENTICATO CHE ANCHE QUESTA E' ITALIA

Oramai è diventato un macabro, a tratti ridicolo esercizio raccontare la conta dei morti a Scampia, a Secondigliano e più in generale in quell'area vasta a nord di Napoli dove lo Stato ha deciso da anni che il monopolio della violenza è nelle mani di un gruppo di manigoldi sanguinari narcotrafficanti che decidono della vita di chiunque sulla base dei propri affari. Chi afferma "tanto si ammazzano tra loro" sostiene oscenità. Questi non si ammazzano tra loro. Non è così. Questi assassini senza scrupoli spesso strafatti di cocaina uccidono persone perbene. Qualcuno può spiegare ai genitori, ai fratelli, alle sorelle, ai parenti, agli amici perchè è morto Dario Scherillo oppure per quale motivo è stato ucciso Attilio Romanò o quale infausto destino attendeva in strada a Marianella Pasquale Romano? Qualche poveraccio (e Dio solo sa quanti ce ne sono in giro a Napoli) continua a dire che "erano al posto sbagliato nel momento sbagliato". Ma come, ora le persone perbene uccise per errore hanno la colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato? Non sono più queste belve sanguinarie che si trovano nel posto sbagliato, cioè assassini liberi piuttosto che rinchiusi in una cella di isolamento dopo aver buttato le chiavi? Sconcerta come lo Stato non abbia alcuna voglia di risolvere il problema. Scampia è composta da una stragrande maggioranza di persone perbene tenute in scacco da queste orde di assassini. La repressione, con quelle forze in campo, e con quell'inutile sfoggio quotidiano di muscoli che porta tanti  uomini in divisa a sequestrare droga, armi e sigarette di contrabbando, è una perdita di tempo. La repressione da sola non basta. I blitz da soli non servono. Lo Stato riconquista il territorio arrestando, processando e sbarazzandosi di quelle poche famiglie mafiose che ancora vivono in quelle zone e investendo risorse in strade, centri sociali, strutture pubbliche, valorizzando e aiutando la scuola, radendo al suolo i simboli della mafiosità e il marchio infame della droga: le Vele. Avanti così e staremo a raccontare altri omicidi di persone perbene, altro sangue che scorre, come quello di un padre (quale che sia la sua colpa non importa) che viene ucciso in una scuola materna, sotto gli occhi di bambini e con il rischio di fare altre vittime innocenti.

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