ROMA - E' il boia della camorra, lo spietato assassino che ha commesso
novanta omicidi in dieci anni. Freddo, scaltro, intelligente, Domenico
Cuomo obbediva senza discutere agli ordini dei clan. Se bisognava
eliminare un rivale, lui era il primo a farsi avanti. Non agiva per
soldi, ma per fedeltà incondizionata al suo capo, il boss Carmine
Alfieri. Mitra, bombe o pistole per Cuomo non facevano differenza: l'
importante era uccidere, sterminare fino all' ultimo gli uomini di
Raffaele Cutolo. Il serial killer della camorra, 32 anni, ex camionista
figlio di contadini, originario di Sant' Antonio Abate vicino a
Napoli, ha deciso di collaborare con i magistrati. Quando Alfieri si è
pentito, Cuomo ha capito che la partita con la giustizia era persa.
Ieri il capo della camorra era a Rebibbia, nell' aula bunker. Alfieri
ha detto che è disposto a risarcire i familiari delle sue vittime: "Non
mi è stato mai chiesto, ma vorrei farlo quando si definirà la mia
posizione". Poi Alfieri è stato messo a confronto con Gennaro Licciardi
' a scigna, la scimmia, uno dei boss "irriducibili", e l' ha invitato
alla resa: "Signor Licciardi, pentitevi, è finita". Licciardi,
furibondo: "Signor Alfieri, io non vi ho chiesto niente, voi queste
cose a me non le potete dire, state raccontando un sacco di bugie e
infamità". E Alfieri: "Scusate, scusate, ma dovete pentirvi...". Il
muro dell' omertà si è sgretolato, le stragi dei clan tornano nelle
parole di Domenico Cuomo. "Io ammazzavo per sopravvivere, era una
guerra, le vendette non finivano mai", ha raccontato il sicario. "Ho
cominciato da ragazzo, per vendicare il padre di un mio amico
camorrista, Pasquale Loreto. Attaccavo i cutoliani per proteggere
Alfieri, ma adesso sono amareggiato. Io uccidevo, rischiavo la pelle e
gli amici si arricchivano alle mie spalle. Sono rimasto senza un
soldo...". Cuomo ha parlato per la prima volta in pubblico un mese fa,
nell' aula bunker di Poggioreale. Si è accollato senza batter ciglio
oltre novanta omicidi, "e forse - ha aggiunto - ho ucciso anche qualcun
altro". Ha spiegato che l' omertà non ha più senso: "Ormai è finita
un' epoca". Coinvolto nelle indagini sulla strage di Torre Annunziata
(otto morti e decine di feriti il 26 agosto del 1984), Cuomo è
crollato: "C' ero anch' io quel giorno, sparavo all' impazzata.
Volevamo ammazzare Valentino Gionta, il boss di Torre, ma lui si
salvò". Anche Cuomo, ferito ad un polmone durante la sparatoria, riuscì
a farla franca. Fu curato da due medici dell' ospedale di Nocera
Inferiore, ricoverato sotto falso nome e poi spedito in Brasile per
sfuggire alle indagini. Lì fu accolto da Antonio Bardellino, alleato di
Alfieri. Dopo tre mesi Cuomo rientrò in Italia. I medici gli
consigliarono di simulare un incidente stradale, lui finse una caduta
dal motorino. Per nascondere le cicatrici provocate dai proiettili, i
suoi complici gliele incisero con un bisturi. Andò bene, perché il
killer fu prosciolto in istruttoria dall' accusa di aver partecipato
alla strage. Sarebbe stato scarcerato l' anno prossimo, se i due
medici, messi alle strette dai magistrati, non avessero confessato
tutto. E così Cuomo è diventato il primo protagonista dell' eccidio di
Torre disposto a collaborare. Ma la strage è solo un episodio, anche
se il più cruento, della guerra tra bande che ha insanguinato la
Campania. Preciso come un computer, Cuomo ha ricostruito decine di
delitti. Fu lui a procurare ad Alfieri il timer e l' esplosivo per l'
attentato in cui saltò in aria Vincenzo Casillo, braccio destro di
Cutolo. E fu sempre Cuomo a strangolare con il fil di ferro due
comparielli di Cutolo che non volevano rivelare il nascondiglio di
Pasquale Scotti, un altro fedelissimo del boss di Ottaviano. I due
malcapitati furono torturati, finiti con un colpo di pistola alla nuca e
i cadaveri abbandonati in segno di sfida davanti al castello di
Cutolo. Alto, robusto, violento, Cuomo era il killer di fiducia di
Alfieri. L' organizzazione gli aveva affidato la zona tra Sant' Antonio
Abate e Scafati, e lui aveva imposto la tangente a decine di
imprenditori. Faceva parte del "direttivo" del clan, un gruppo di
camorristi che individuava gli avversari più pericolosi e li massacrava
senza pietà. Il commando seminava il terrore da Napoli a Salerno,
armato di mitragliette Uzi e Kalashnikov. Cuomo era sempre in prima
fila: "Lo facevo perché Alfieri per me era tutto - ha raccontato ai
giudici - Agivo per solidarietà, volevo proteggere i miei amici, ci
aiutavamo l' un l' altro. Ma poi...". Poi il serial killer ha scoperto
che gli altri avevano accumulato un patrimonio, mentre a lui erano
rimaste le briciole. I carabinieri gli hanno sequestrato una villetta a
Salerno, poca cosa rispetto ai miliardi messi insieme da Alfieri e
soci. "Loro facevano fortuna e io uccidevo", si è sfogato Cuomo. Il
killer dei novanta delitti.
Cerca nel blog
Su questo blog i fatti sono sacri. Le opinioni, invece, sono mie, dunque sono opinabili
- Ottieni link
- Altre app
Post più popolari
OBBLIGO DI FIRMA E DIMORA A GROTTAMINARDA PER I QUATTRO AGGRESSORI DI LUCA ABETE E DELLA TROUPE DI STRISCIA LA NOTIZIA
- Ottieni link
- Altre app
Commenti