FIAT: MARCHIONNE, POSSIAMO FARCELA; INVESTIAMO IN ITALIA
"Credo nell'Italia di Mario Monti, quella che
vuole cambiare". L'amministratore delegato della Fiat, Sergio
Marchionne, spiega la svolta del Lingotto in un'intervista al
'Corriere della Sera': "Prima investo qui per andare a fare
concorrenza ai tedeschi". Solo dopo mandera' avanti la completa
fusione Fiat-Chrysler: "Diciamo 2014-2015. Tutto insieme non lo posso
fare". E sul piano di rilancio prospettato osserva: "bugie non ne ho
mai dette. Ho guardato il mercato, l'ho affrontato resistendo alle
critiche ma senza fare macelleria sociale. Adesso, dico che
nonostante tutto le condizioni ci sono".
E continua nella sua riflessione: "E' vero, questo e' un Paese complicato. Molto complicato. Martedi' ero al consiglio d'amministrazione. C'era la Fiom, fuori, che fischiava. Noi, dentro, prendevamo decisioni di grande coraggio. Se la Fiat avesse scelto di andarsene, l'impatto sociale forse si sarebbe potuto gestire, quello sull'immagine dell'Italia a livello internazionale no. Il piu' grande gruppo industriale del Paese che lascia? Sarebbe stato devastante". E insiste, nonostante il mercato europeo dell'auto stia "raschiando il fondo del barile e per altri due anni continueremo a vederlo da li', dal basso": la Fiat "e' un cantiere aperto, non chiude mai. Per la terza volta, con la condivisione totale di John Elkann e della famiglia, rivoltiamo l'azienda. L'abbiamo fatto nel 2004. Rifatto nel 2009, con Chrysler. Ed e' stata quella la mossa, intelligente, che ci consente ora di ridisegnarla completamente, puntando ovviamente a guadagnare nonostante tutti gli scenari italiani ed europei. Oggi e' grazie a Chrysler che possiamo far leva su Alfa e Maserati e andare a dare fastidio ai concorrenti dei brand premium".
E continua nella sua riflessione: "E' vero, questo e' un Paese complicato. Molto complicato. Martedi' ero al consiglio d'amministrazione. C'era la Fiom, fuori, che fischiava. Noi, dentro, prendevamo decisioni di grande coraggio. Se la Fiat avesse scelto di andarsene, l'impatto sociale forse si sarebbe potuto gestire, quello sull'immagine dell'Italia a livello internazionale no. Il piu' grande gruppo industriale del Paese che lascia? Sarebbe stato devastante". E insiste, nonostante il mercato europeo dell'auto stia "raschiando il fondo del barile e per altri due anni continueremo a vederlo da li', dal basso": la Fiat "e' un cantiere aperto, non chiude mai. Per la terza volta, con la condivisione totale di John Elkann e della famiglia, rivoltiamo l'azienda. L'abbiamo fatto nel 2004. Rifatto nel 2009, con Chrysler. Ed e' stata quella la mossa, intelligente, che ci consente ora di ridisegnarla completamente, puntando ovviamente a guadagnare nonostante tutti gli scenari italiani ed europei. Oggi e' grazie a Chrysler che possiamo far leva su Alfa e Maserati e andare a dare fastidio ai concorrenti dei brand premium".
Commenti