TURCHIA E SIRIA, SPIRANO VENTI DI GUERRA LUNGO IL CONFINE. ANKARA CHIUDE CIELI, BRAHIMI PROPONE FORZA PACE INVIATO ONU SI ISPIRA A UNIFIL; HRW, BOMBE A GRAPPOLO SU CIVILI
L'atteggiamento della Turchia si fa
di giorno in giorno sempre piu' rigido nei confronti della Siria
di Bashar el Assad, a fronte dei tentativi (finora vani)
dell'inviato dell'Onu e della Lega Araba Lakhdar Brahimi di
trovare una via d'uscita alla crisi. Cio' mentre in molte zone
del Paese - Aleppo in prima linea - continuano feroci
combattimenti tra esercito e insorti, e l'opposizione rivela la
scoperta, a sud-ovest di Damasco, di decine di cadaveri.
Facendo seguito all'analoga decisione annunciata la notte
scorsa da Damasco, la Turchia ha reso noto oggi di aver chiuso
il proprio spazio aereo a tutti i velivoli siriani, anche a
quelli che effettuano voli di linea. Nel comunicarlo, il
ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, ha spiegato
che il sorvolo del territorio turco era gia' vietato ''di
fatto'' agli aerei militari siriani.
Fino a ieri Ankara non aveva ufficialmente annunciato alcun
divieto ma aveva ammonito che avrebbe continuato a costringere
all'atterraggio - come aveva fatto mercoledi' scorso con un
velivolo proveniente da Mosca - aerei passeggeri siriani
''sospettati'' di trasportare equipaggiamenti militari destinati
alle forze armate del presidente siriano Bashar el Assad.
Proprio questa minaccia aveva indotto la notte scorsa la Siria a
negare il proprio spazio aereo ai voli di linea turchi.
Davutoglu e' poi andato oltre, rispondendo con un categorico
''no'' al dialogo proposto ieri dalla Siria per istituire - su
suggerimento del ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov -
un comitato di sicurezza congiunto per sorvegliare la comune
frontiera ed evitare ''incidenti bellici'' come quello del 3
ottobre (un proiettile d'artiglieria dalla Siria cadde in un
villaggio turco uccidendo cinque civili).
''Il regime di Assad deve prima stabilire un dialogo con il
suo popolo - ha detto il ministro degli Esteri turco - Finche'
non avra' fatto la pace con il suo popolo, finche' non avra'
seguito la volonta' del suo popolo, finche' non avra' dimostrato
di rispettare il diritto alla vita del suo popolo, aprire le
porte del dialogo per noi non ha alcun senso''.
La secca presa di posizione sembra ridurre anche le
possibilita' di successo della nuova proposta Brahimi. Secondo
il Daily Telegraph, l'emissario internazionale sta lavorando ad
un piano per formare una forza di pace di tremila uomini da
inviare in Siria e sta cercando di capire con discrezione quali
Paesi possano (e vogliano) contribuire, schierando i loro
soldati. Secondo il giornale Brahimi riterrebbe poco probabile
la partecipazione di Stati Uniti e Gran Bretagna, mentre
starebbe bussando alla porta dei Paesi dell'Unifil, la forza
dell'Onu dispiegata al confine tra Israele e Libano di cui fanno
parte anche Italia, Germania, Francia, Spagna e Irlanda. Sono
loro - riferisce il giornale - ad avere infrastrutture e
competenze sul campo per organizzare una forza di pace in Siria.
Una pace annichilita anche oggi dal fragore dei
combattimenti. Ad Aleppo soprattutto, dove i governativi hanno
respinto i ribelli che da ieri cercavano di conquistare la
Grande Moschea degli Omayyadi. Ma anche a Maaret al-Numan e in
molte altre localita', bombardate per tutta la giornata da aerei
e elicotteri che - secondo la denuncia di Human Rights Watch
(Hrw) - hanno sganciato bombe a grappolo anche sulla popolazione
civile.
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