"LA CIECA DI SORRENTO", IL LIBRO DI FRANCESCO MASTRIANI EDITO DA AVAGLIANO

Per indicare una persona che guarda senza vedere, osserva senza notare, perchè distratta, si usa dire "la cieca di Sorrento". Specialmente al Meridione e nel Napoletano in particolare. Un motto, un adagio, un proverbio: risalire alle radici e' molto difficile, anche chi adopera la locuzione con una certa frequenza difficilmente ne conosce la provenienza. Sono in pochi, infatti, a sapere che La cieca di Sorrento e' il titolo di un vecchio feuilleton di successo scritto il secolo scorso da uno scrittore all'epoca in voga, Francesco Mastriani. Testo di grande diffusione ma poi scomparso quasi del tutto, dagli scaffali e dalle memorie. E' merito di Riccardo Reim se oggi 'La cieca di Sorrento' viene riproposto ai lettori. Avviene nella collana da lui curata per Avagliano editore, Il Melograno. Il libro appartiene alla prima fase di Mastriani, quella definita aristocratico-appendicistica, anteriore all' unificazione d'Italia (1860). Dunque ancora soggetta alla censura borbonica, incentrata su intrighi a sfondo patetico- sentimentale caratterizzati anche da una ricerca del macabro e del patologico, ereditati dalla gothic fiction. Qui la citta' di Napoli dove vive il protagonista, Gaetano Pisani, viene osservata con occhi che scavano per sperimentare, indagare, annotare alla ricerca del ventre della città. Mastriani non e' scrittore dozzinale: Benedetto Croce lo defini' "il piu' notabile romanziere del genere che l'Italia abbia dato". Il genere era, appunto, il roman feuilleton. Anche Domenico Rea parla di Mastriani, come di uno scrittore dalla "straordinaria capacità di spogliare di ogni residuo folclore qualsiasi cosa tocchi di quel suo mondo che ne gronda".

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