LA TRADIZIONE DEL PRESEPE NAPOLETANO IN MOSTRA A NEW YORK. PECORELLE E PASTORI AL METROPOLITAN MUSEUM OF ART

C'e' un tocco d'Italia, del Settecento Napoletano, nel luminoso Natale della Grande Mela. Il Metropolitan Museum of Art di New York propone fino al 6 gennaio un omaggio storico e artistico allestito nell'imponente atrio d'ingresso al settore della scultura medievale. A riportare la notizia è l"'Osservatore Romano". E' una complessa installazione che accompagna al presepio l'abete decorato: le due espressioni tradizionali natalizie tipiche del cattolicesimo e del protestantesimo. L'insieme, collocato a ridosso della splendida cancellata settecentesca proveniente dalla cattedrale di Valladolid, viene presentato fin dal 1964, anno in cui a un albero di Natale vennero accostate le figure del settecentesco presepe napoletano collezionato da Loretta Hines Howard. Iniziata nel 1925, la collezione è poi passata, nel 1982, alla figlia, Linn Howard, che via via l'ha arricchita e ne prosegue l'allestimento al Metropolitan. Accanto al poderoso albero troneggiante e rilucente, sfilano una miriade di angeli e cherubini, e poi la processione dei Re Magi in vesti esotiche asiatiche e africane, con un cammello e un elefante, una folla di viandanti, gli immancabili pastori, un gran numero di pecore, capre, cavalli e anche un cervo. La scena della Natività si ritrova presso le rovine di un tempio romano. Intorno case, casupole e una fontana a mascherone. L'usanza di costruire uno scenario in cui far simbolicamente nascere Gesù per celebrare il ricordo e rinnovare la fede fu voluta, come ben si sa, da san Francesco d'Assisi con l'intento di avvicinare il mistero della nascita divina anche agli uomini più semplici. A Napoli, nel Settecento, a imitazione del grandioso presepio allestito nei saloni del palazzo reale di Carlo III di Borbone, molte famiglie altolocate presero a disporre nelle proprie dimore composizioni figurate di alta qualita', per lo piu' sistemate entro teche pregevoli, grazie al lavoro di scultori quali Giuseppe Sammartino e Saverio Vassallo, di Salvatore di Franco, Giuseppe Gori, Angelo Viva, i quali modellavano in terracotta teste, spalle, mani, che poi dipingevano. L'imbottitura armata costituiva il corpo e i costumi rispondenti alle varie attività e cuciti, ricamati, ornati a seconda della scala sociale di appartenenza, donavano alle figure vivacita' e immediatezza. I mestieri erano dettagliati attraverso gli attrezzi da lavoro o le merci in vendita, a ciascuno il suo, cosicchè pescatori, ortolani, musicanti, artigiani, lavandaie, bottegai, ciabattini, tavernieri, mendicanti affollarono piazzette e vicoli dell'immaginario, non dissimilmente dalla realtà giornaliera di Napoli. Un vasto e raffinato artigianato ruotava perciò con tale usanza, e molte donne tessevano, ricamavano, cucivano per fornire le vestimenta alle figure nude; non di rado erano realizzati anche minuscoli gioielli e accessori elaboratissimi come spade e scimitarre incise su argento. Insomma sull'attenzione per la fedele riproduzione e sull'attrazione anche emotiva dell'insieme si fondava un artigianato diffusissimo, in grado di sostenere economicamente numerosi operatori e operatrici capaci di calarsi con fantasia e destrezza in un impegno che coinvolgeva l'esistenza quotidiana.

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