ALLUVIONE GENOVA: UN ANNO FA 6 MORTI, ORA CARTE FALSE

Angela, Serena, Evelina, Shiprese, e le piccole Gioia e Gianissa. Sono questi i nomi che Genova non potra' e non dovra' dimenticare mai. Oggi quei nomi tornano a farsi sentire. Un anno fa, l'esondazione di sette torrenti, dal Fereggiano al Bisagno, l'alluvione di Genova, il fango che straccia vite e porta via cose, che distrugge e invade, che fa e fara' piangere. 4 novembre, ore 13.22, Genova citta': esonda il torrente Fereggiano, il Bisagno e' in piena, la catastrofe si avvicina piu' veloce dell'acqua che corre. Chi puo' si rifugia sul tetto. 300 millimetri in due ore sono troppo per una citta' costruita a un passo dal mare che non riceve piu' le onde di piena dei torrenti. Sono passate da poco le 13: l'androne del civico 2/b in via Fereggiano e' diventato un sepolcro di fango: muoiono Shiprese Djala e le sue due bambine Gianissa di 1 anno e Gioia di 8 anni. Con loro trovano la morte in quel maledetto buco Angela Chiaramonte, 40 anni e Evelina Pietranera, 50 anni. Poco piu' a valle di quella casa, muore Serena Costa, 19 anni, che stava correndo in motorino col fratellino appena portato via dalla scuola. Il fango e' stato piu' veloce di loro. Lei e' morta, il ragazzino si e' salvato. Alla fine, in due giorni, sono venuti dal cielo oltre 600 mm d'acqua che si sono trasformati in tonnellate di fango e detriti. Genova e' in ginocchio ma viene presa per mano da decine e decine di ragazzi. Tornano, come per il disastro di Firenze nel '66, gli 'Angeli del fango', la voce che si dipana in rete per darsi appuntamento dove acqua e fango hanno cancellato pezzi di vita e di citta'. Una vera truppa di pace instancabile, che ha come armi vanghe e badili, occhi piedi di lacrime e forzati sorrisi: perche' il lavoro non basta, c'e' bisogno di amore. In quelle ore anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, chiama a raccolta le sue truppe: i parroci di Genova, maniche arrotolate e tonache tirate su, danno una mano perche' 'Non c'e' fango che tenga'. Uno slogan che diventera' il titolo di una delle piu' straordinarie pagine della storia di Genova. Ma non e' finita: su quell'alluvione, oltre al peso delle sei vittime, oltre al disastro ambientale e strutturale, oltre alla preoccupazione che possa accadere ancora, c'e' anche la ragnatela della menzogna, il velo del dubbio. A sollevare quel velo sono i magistrati della procura di Genova che aprono un'inchiesta su quanto avvenne il 4 novembre. Una inchiesta che all'improvviso esonda e si spacca in rivoli. Perche' c'e' chi accusa. I verbali della Protezione civile che 'raccontano' dell'esondazione del Fereggiano sono taroccati perche' quel 'volontario' di protezione civile che avrebbe segnalato il livello 'giallo' basso (ovvero la sicurezza) del torrente Fereggiano alle 12 non c'era. Alle 12.17 infatti, l'onda di piena ha travolto tutto. Finiscono indagati in quattro, per falso e calunnia: sono i tre massimi dirigenti di protezione civile del Comune e il responsabile dei volontari di protezione civile. Nei prossimi giorni anche l'allora sindaco Marta Vincenzi sara' sentita dai magistrati. Vincenzi riferi' a tutta Genova la versione 'truccata' di quanto era avvenuto, versione che le era stata offerta dai dirigenti oggi indagati. Sapeva o era all'oscuro, Marta Vincenzi? La procura sta alzando definitivamente il velo su questa faccenda. Un velo alzato su un mare di fango.

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