L'ITALIETTA DI POLITICI E (B)ANALISTI CHE PREFERISCONO PARLARE DELL'ARROGANTE DE MARTINO PERCHE' NON HANNO IDEE SU COME EVITARE L'ASSASSINIO DI UN ALTRO PASQUALE ROMANO OPPURE FERMARE I MIASMI KILLER DELLA TERRA DEI FUOCHI CHE PADRE PATRICIELLO COMBATTE DA ANNI NEL SILENZIO DI TUTTI, MEDIA COMPRESI


Andrea De Martino, il prefetto che ha perso le staffe e la faccia trattando in maniera maleducata e arrogante il parroco di Caivano Maurizio Patriciello è diventato, suo malgrado, protagonista delle filippiche della solita canea di politici di ogni colore e marca che non avendo nulla da dire e fare rispetto ai problemi seri di cui dovrebbero occuparsi (compresi quelli posti da padre Patriciello sullo sversamento criminale dei rifiuti in certe zone del Napoletano) trovano sempre un'occasione per dare fiato alla bocca senza accertarsi che sia collegata al cervello. Non sto a difendere De Martino, che conosco solo professionalmente, ma non mi piace la solita caccia alle streghe, il tiro al piccione già azzoppato che si innesca in queste occasioni. Lo sappiamo, gli italiani dell'Italietta piccola piccola, sono eccezionali nello sport di fare i gradassi con i più deboli, alzare la voce con chi non ha più voce e soprattutto mostrarsi forti con chi è gracile. Andrea De Martino ha avuto un comportamento inqualificabile, deve (se non l'ha ancora fatto) chiedere scusa a quel parroco che da sempre è presidio di legalità in una zona del Napoletano dove lo Stato non esiste, non c'è, se non sotto forma di agenti in divisa. De Martino però è stato anche un onesto prefetto della Repubblica italiana che sicuramente avrà commesso tanti errori (chi di noi non ne ha commessi?), ma liquidare l'intera carriera di questo funzionario dello Stato con aggettivi sprezzanti mi sembra davvero assurdo. Quanto poi alla richiesta di dimissioni che piovono da ogni parte (su un giornale le chiede persino un barista, con tutto il rispetto per la categoria), le trovo sgradevoli oltre che fuorvianti. De Martino non può dimettersi da prefetto di Napoli perchè non lo è più, perchè c'è già un nuovo prefetto a Napoli, si chiama Musolino ed arriva da Genova. E chi chiede le dimissioni di De Martino perchè si è mal comportato con un parroco stimato e stimabile, forse per equivoco, forse per eccesso di inutili formalismi, deve spiegare anche che cosa pensa di tanti altri sgradevoli comportamenti. Ad esempio: che cosa pensano i tanti giubilatori di De Martino della festa organizzata in prefettura (ovviamente senza sapere quanto sarebbe accaduto, e cioè dell'omicidio) per la sua "dipartita" da Napoli? Non è stata una caduta di stile festeggiare col cadavere ancora caldo di Pasquale Romano e gli assassini in fuga? E chi c'era a questa festa che magari aveva poco da festeggiare, anzi forse doveva essere in giro a cercare gli assassini di Romano, che cosa dovrebbe fare? Forse vergognarsi? E che cosa pensano i benpensanti e i (b)analisti napoletani di una dichiarazione del capo della procura nazionale antimafia ai media napoletani sul fatto che "Romano era al posto sbagliato nel momento sbagliato"? Che facciamo chiediamo, per questioni morali, le dimissioni di tutti? La verità è che Romano era al posto giusto, nel momento giusto, ed è morto  per colpa di tutti (noi compresi, nessuno deve sentirsi escluso) quelli che riescono a guardare e a giudicare gli altri senza mai farsi un'esame di coscienza e di conoscenza dell'ambiente che lo circonda. Napoli non è una comunità civile quando si comporta così, quando processa sommariamente chiunque si trova in difficoltà senza capire. E' retorico, banale, ma devo dire che in questi giorni tragici, in cui ho visto una persona perbene uccisa (ne ho viste ahimè tante altre), ho imparato qualcosa non dalle istituzioni o da chi le dovrebbe degnamente rappresentare ma dalla gente della strada e dai familiari di Romano. La fidanzata di Lino, Rosanna, che ha detto "siamo più forti della camorra, dobbiamo distruggerla la camorra perchè noi siamo di più". Ho imparato dai genitori di Pasquale, che al ministro Cancellieri hanno detto con pacatezza "noi siamo stati uccisi con nostro figlio, fate in modo tale che non accada a nessun genitore quello che è successo a noi, arrestate gli assassini". Questo significa essere parte di una comunità civile. Il resto, da De Martino in poi, è calcolo politico, calcolo mediatico, bieco calcolo, non sentimenti di appartenenza ad una comunità. Perchè la verità, cari amici, è che nessuno di noi considera Scampia e le tante altre Scampia che ci circondano (Salicelle, Piano Napoli, Parco Verde, Ice Snei e potrei andare avanti a lungo) luoghi dove lo Stato esiste. Noi stessi cancelliamo questi quartieri dalla nostra mente e dal nostro cuore. Eppure in questi quartieri vivono persone perbene, la stragrande maggioranza, che andrebbero aiutate. E dunque parlare di De Martino, del prefetto cattivo, dell'uomo dello Stato arrogante che perde le staffe fa comodo a tanti. Meglio parlare di De Martino piuttosto che delle belve sanguinarie che uccidono e si dileguano oppure della terra dei fuochi che ammazza tutti i giorni con i suoi miasmi.

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